Trent’anni fa, per rispondere alle necessità dei bambini e dei giovani in difficoltà, nascevano le prime comunità per minori valdostane. Negli anni questo tipo di strutture ha cercato di adattarsi ai mutamenti continui della società, individuando percorsi di accompagnamento e di sostegno adeguati. Per fare il punto della situazione e conoscere da vicino realtà simili di altre Regioni l’Assessorato della sanità, salute e politiche sociali della Regione Autonoma Valle d’Aosta ha organizzato un Convegno Nazionale sul tema, dal titolo Sentieri possibili verso casa? Che cosa è cambiato nel percorsi di accoglienza nelle comunità per minori. E’ stata anche l’occasione per fare un bilancio per quanto riguarda le quattro comunità valdostane esistenti.
Albert Lanièce – Assessore alla sanità. salute e politiche sociali
E’ un servizio importante, un servizio che compie trent’anni e vi è sempre più necessità di una presa in carico complessa dei minori. Noi abbiamo delle équipe miste costituite dall’assistente sociale e dagli psicologi che seguono i casi più particolari e questo fa si che ci siamo dovuti organizzare sempre meglio, tant’è vero che da due anni a questa parte abbiamo fatto nascere una quarta comunità, che segue i ragazzi dai 18 ai 21 anni e che si chiama Primo Volo. Questa necessità è sorta quando abbiamo preso atto che molti ragazzi, una volta usciti dalle comunità dopo avere compiuto la maggiore età, sono ancora in difficoltà, quindi hanno bisogno di un accompagnamento ulteriore per potersi inserire nella società. Si tratta di un servizio in più, che crediamo importante soprattutto per i casi più particolari.
In tutto le comunità valdostane ospitano una trentina di minori, mentre circa 15 ragazzi vivono nelle strutture d’accoglienza fuori Valle, in quanto è stato ritenuto necessario allontanarli maggiormente dalla loro situazione familiare. Esistono anche molte famiglie che si dichiarano disponibili all’accoglienza temporanea dei minori.
Albert Lanièce – Assessore alla sanità, salute e politiche sociali
Sono una trentina nelle nostre comunità e abbiamo da 13 a 15 ragazzi che sono nelle comunità minori fuori valle. Spesso gli invii fuori valle sono necessari perché si tratta di situazioni familiari veramente pesanti, per le quali bisogna allontanare il minore dalla famiglia. Quindi, in generale, sono coinvolti nell’assistenza circa una cinquantina di ragazzi, tenendo conto che abbiamo anche famiglie che, fortunatamente, sono disposte ad accogliere i minori nel loro nucleo e questo ci permette, in modo ulteriore, di farci carico dei casi più particolari.
Al convegno erano presenti vari minori ospiti delle strutture valdostane. Il simbolo della due giorni di conferenze, lavori di gruppo e dibattiti è stato disegnato dagli stessi ragazzi, che, con il supporto dell’artista Franco Balan, hanno partecipato a un laboratorio per la realizzazione del logo dell’iniziativa. Le loro opere sono state appese alle pareti della sala conferenze dell’Hostellerie du Cheval Blanc. Come premio per la loro creatività, i ragazzi hanno ricevuto ciascuno un lettore mp3, un momento immortalato dalla foto di rito. Durante il seminario è stato proiettato un documentario di forte impatto sociale, realizzato da Gabor Palots, dal titolo Passo il tempo stringendo i pugni sul cuore.
Al convegno hanno partecipato numerosi ospiti, docenti, psicologi, educatori, formatori, direttori di strutture. L’ultimo intervento prima del dibattito finale è stato la lectio magistralis del professor Jean-Pierre Pourtois, della Facoltà di psicologia e scienze dell’educazione dell’Università di Mons-Hainaut, in Belgio.
Per concludere i lavori, il docente belga ha affrontato il nocciolo della questione: come educare i cittadini di domani, in famiglia o in strutture di accoglienza per minori, a vivere in un mondo complesso come quello odierno?
Jean-Pierre Pourtois – Docente dell’Università di Mons-Hainaut, Belgio
Ce que nous essayons de faire est de donner de la sécurité à l’individu et ensuite de lui permettre de s’émanciper et de pouvoir continuer sa vie. Ce que nous cherchons ce sont les grands fondamentaux de l’éducation dont le jeune a besoin, et par exemple l’un des premiers est le besoin de structures, de règles, et celui qui vient immédiatement après c’est l’attachement, c’est l’amour, c’est le fait d’être accepté, c’est pouvoir faire des expériences, aussi, et surtout communiquer. Il y a une très grande difficulté aujourd’hui à communiquer, et ce que le jeune n’a peut-être pas trouvé dans sa famille il faut qu’il le trouve dans une autre famille, et le problème qui se pose aujourd’hui c’est comment créer une famille dynamique, positive, structurante, et qui conduit en fait l’individu à rencontrer le bonheur, parce que le bonheur il faut le construire, ca n’existe pas, mais quand on le construit on a un sentiment de bonheur et à ce moment-là l’individu peut s’émanciper.